di Vincenzo Pepe
La grande attualit� della paideia vichiana si
rintraccia addirittura nella cultura anglosassone e nell'opera di Joyce.
VICO E JOYCE
Si � gi� avuto modo di sottolineare su questa
rivista1 la grande attualit� della paidea vichiana, in generale.
Vorremmo ora riprendere il discorso e cercare di fornire le prove di questa
modernit�, rintracciando la presenza di Vico nella cultura anglosassone, campo,
quest'ultimo, a noi meno sconosciuto.
In precedenti interventi
sulla circolazione di Vico in Inghilterra, si � avuto modo di individuare
alcuni nuclei tematici della sensibilit� letteraria romantica inglese, i quali,
se non proprio l'ipotesi di una influenza diretta del pensiero di Vico sulla
cultura britannica, autorizzano l'idea dell'esistenza di una sensibilit� naturaliter
vichiana2 .
Ma, ancorch� labile ed
incerta durante la temperie romantica, la circolazione del nome e delle idee di
Vico doveva acquisire via via maggiore consistenza nel periodo vittoriano3,
fino al riconoscimento ufficiale, all'inizio del '900, da parte di James Joyce
il quale assumeva il filosofo napoletano come uno degli autorevoli punti di
riferimento del suo universo narrativo. Riconoscimento tanto pi� significativo4
visto che la sensibilit� novecentesca di cui l'autore irlandese si faceva
portavoce si annunciava con un programma "eversivo" nei riguardi
della tradizione storicistica. Cosa poteva, difatti, avvicinare il "moderno"
ed iconoclasta Joyce ad un filosofo come Vico? Quale lezione di attualit� il
pi� giovane intellettuale poteva mai ricavare da un'opera che, pubblicata
duecentocinquant'anni prima, era per lo pi� restata sconosciuta ed incompresa?
La risposta a questi
interrogativi rende necessario che si prenda l�abbrivo dal piano biografico, e
che si tenti di chiarire le �circostanze� che, per ammissione dello stesso
Joyce5, mediarono l'ingresso di Vico nel suo universo letterario. A
dire il vero si tratta di circostanze sulle quali dall'autore non vengono
forniti particolari, ma che pensiamo non difficili da ricostruire con una buona
dose di verosimiglianza.
� possibile che Joyce avesse
sentito parlare di Vico gi� nel corso dei suoi studi di letteratura italiana all'universit�
di Dublino; quel che si sa con certezza, per�, � che l'interesse per l'opera
del Napoletano cominci� nel 19056. La data � importantissima perch�
segna l'inizio di quell��esilio� volontario che, come si ricorder�, � una delle
tre armi "ulissiane" (assieme al "silenzio" e
all��astuzia�) con le quali l'intellettuale irlandese intende orgogliosamente
operare il suo riscatto culturale ed esistenziale. Ora, � probabile che in
questa situazione di intellettualistico e narcisistico isolamento, soprattutto
la lettura dell'Autobiograf�a di Vico valse a far nascere in lui un
sentimento di simpatia verso il pensatore napoletano. Si ricorder�, difatti,
che in parecchi luoghi del suo scritto autobiografico anche il Vico si compiace
di sottolineare la sua condizione di "straniero in patria", e di
rivendicare orgogliosamente, anzi, l'autonomia della sua formazione culturale
�Talch�... il Vico benedisse non avere lui avuto maestro nelle cui parole
avesse egli giurato, e ringrazi� quelle selve, fra le quali, dal suo buon genio
guidato, aveva fatto il maggior corso di studi�7. Parole che, mutatis
mutandis, sembrano adattarsi alla perfezione alla struttura mentale di
Stephen Dedalus, il protagonista del romanzo autobiografico di Joyce A
Portrait of the Artist as a Young Man, del quale apprendiamo che �was
destined to leam his own wisdom apart from the others or to leam the wisdom of
the others himself wandering among the snares of the world�8.
Ma il parallelismo tra i
nostri due autori non si esaurisce certamente qui, giacch� il condiviso
sentimento dell'esilio (o dell'isolamento nel caso di Vico), come condizione di
forza morale, si fonde con altri elementi di consonanza che segnano la parabola
intellettuale dei due: la fiera consapevolezza della "novit�" della
loro opera, ed il fondamentale scetticismo nei riguardi del sapere coevo. In
altre parole Joyce potrebbe essere stato attratto da Vico perch� nella vichiana
ricerca di una �nuova arte critica� vedeva ribadita la sua stessa tensione
verso la conquista di una nuova arte letteraria, e, nella polemica del Vico
contro l'antiquarianismo, un riflesso della polemica che lui ingaggiava contro
il positivismo. Ambedue gli autori, come si sa, rifiutano una concezione della
storia ridotta a mera attualit�. Significativo, al riguardo, che Joyce superi
le angustie della prospettiva positivistica anche attraverso lo sfruttamento in
sede narrativa di due fondamentali intuizioni vichiane: la visione ciclica
della storia, e la centralit� del mito. La concezione joyciana del mito non �,
beninteso, di esclusiva derivazione vichiana, giacch� la visione ciclica si
dialettizza nella sua opera narrativa con l'idea della storia come conflitto e
risoluzione di opposti, di derivazione bruniana; e con la teoria della storia
come flusso ininterrotto, di derivazione quinetiana9. Ma non � un
caso che sia proprio la visione ciclica vichiana, gi� presente del resto in
Ulysses, ad essere tematizzata nell'incipit di Finnegans Wake, mediante
il riferimento al "commodius vicus of recirculation"; n� � un
caso la presenza, poco oltre nella stessa pagina, della parola di cento lettere
che metaforizza lo scoppio del tuono e quindi, vichianamente, l'inizio della
storia umana. Sfruttando in pieno le suggestioni della tesi del Vico, per il
quale, si ricorder�, il mito � "vera narratio", Joyce fa
coincidere l'inizio della sua narrazione con l'inizio di tutta la storia umana,
proiettando cos� vicende e personaggi in una grandiosa prospettiva mitografica.
Ma non possiamo concludere
queste considerazioni senza aver toccato, sia pure di sfuggita, un altro
sorprendente punto di convergenza tra Vico e Joyce, e che � forse il pi�
importante di tutti. Ci riferiamo alla somiglianza compositiva che permette di
raccogliere la Scienza nuova e Finnegans Wake sotto il comune denominatore di "work
in progress"11. La dimostrazione di quanto affermiamo �
data dalla interscambiabilit�, quasi, dei giudizi con i quali due autorevoli
critici hanno riassunto le caratteristiche stilisti che delle due opere citate.
Il primo � di Giorgio Melchiori il quale cos� sintetizza l'impianto strutturale
di Finnegans Wake:
�La linea narrativa � una
traccia labilissima, continuamente interrotta da analessi, ampi segmenti
extradiegetici, sermoni, trattati, documenti legali... Su questo schema
essenziale si innesta cos� un fitto gioco di analessi e prolessi narrative, a
livello di racconto, da cancellarne le tracce�12.
Il secondo � di Giuseppe
Mazzotta il quale cos� compendia le caratteristiche stilistiche della Scienza
nuova:
�He forges a poetic and philosophical
style punctuated by fragmentary entries, literary and mythological allusions,
references to and citationsfrom erudite scholarship, repetitions of arguments,
pithy conceptual recapitulations, proleptic statements, formal symmetries and
anthiteses, and apparent digressions that recall the technique of entralacement
and errancy in epic narratives�13.
Vincenzo Pepe
NOTE: