Una lettura di Shelley in chiave vichiana

 

 

Una �vena� vichiana nutre e percorre la cultura romantica inglese. A Defence of Poetry di Shelley ne � uno dei tanti esempi. La lettura di questo lavoro apre, didatticamente, spunti di tipo interdisciplinare.

 

 

Vincenzo Pepe

 

Nella trattazione che i manuali di letteratura inglese in uso nelle superiori dedicano alla genesi del movimento romantico vengono segnalati, in genere, gli apporti della filosofia tedesca, da una parte, e la vitalit� della tradizione speculativaindigena, dall'altra. Come fonti dell'influenza tedesca vengono citati gli idealisti (Fichte, Schelling); come tappe della tradizione culturale autoctona, invece, Addison, Shaftesbury, Burke. La prospettiva � corretta, ma avrebbe bisogno secondo noi di essere integrata da un'ulteriore specificazione; dal riconoscimento, cio�, che entrambi i versanti di influenza erano irrorati da una �vena� vichiana, la quale, per la cultura tedesca, richiederebbe il riferimento ad Haman, Herder e Goethe; per la cultura autoctona inglese, invece, esigerebbe che si citassero almeno i nomi di una lunga serie di �vichisti� scozzesi (Blair, Macduff, Monboddo, Fergusson, Blackwell, etc.) le cui riflessioni sulla lingua, sulla storia, sull'immaginazione avevano preparato la strada al generale rivolgimento di idee tra la fine del '700 e l'inizio dell'800. Un allargamento della prospettiva che comprenda il riconoscimento di una sensibilit� �vichiana� operante nella cultura europea del periodo in questione recherebbe parecchi vantaggi sul piano didattico. In pratica, esso permetterebbe di: precisare meglio l'apporto della cultura italiana del XVIII secolo al movimento romantico; capire meglio la rilevanza e l'attualit� della lezione vichiana, come sta avvenendo da qualche decennio nel mondo anglosassone, soprattutto americano; creare numerosissimi spunti di lavoro interdisciplinare, in un'ottica comparatistica, specialmente quando gli alunni saranno impegnati nella lettura di brani di opere fondamentali del pensiero romantico inglese. In un nostro precedente intervento (�Nuova Secondaria� n. 10, giugno 2000), abbiamo avuto modo di soffermarci sui notevoli punti di contatto che � possibile individuare tra alcune idee portanti della Biographia literaria di Coleridge ed alcune fondamentali intuizioni della speculazione vichiana. Dalla stessa prospettiva vorremmo ora suggerire la lettura di alcuni passi fondamentali di un'altra opera canonica del romanticismo inglese: A Defence of Poetry (1821)dello Shelley, nella quale gli echi e le suggestioni �vichiane� sono molti. Cercheremo di lumeggiare alcuni di questi concetti, non prima, per�, di aver dato le essenziali informazioni sulle circostanze di composizione dell'opera.

 

 

Le ragioni della poesia

 

Nel 1820, lo scrittore Thomas Love Peacock informava l'amico Shelley, allora residente in Italia, di avergli spedito una copia del saggio The Four Ages of Poetry, da poco ultimato, e col quale aveva inteso dimostrare l'inutilit� della poesia. La notizia sconvolse il poeta il quale, �acceso di sacro furore per vendicare l'offesa alle muse�1, si affrett� a rispondere: �sono proprio curioso di vedere in che maniera tu possa sostenere una tale eresia in un'epoca come la nostra, legata cos� esclusivamente alle cose e al danaro�2.

Le parole precedenti consentono di chiarire subito l'ambito polemico al cui interno il poeta intende perorare le ragioni della poesia. Pi� che, ed oltre a, essere una difesa delle muse di tipo accademico, l'operetta si annuncia come attacco frontale contro al materialismo ed al feticismo di una societ� governata esclusivamente dalla logica di mercato. Significativamente, lo Shelley apre la trattazione contrapponendo al �to logizein" del pensiero analitico che � per lui alla base dell'etica acquisitiva, il �to poiein", il principio sintetico, definito come �la capacit� di cogliere rapporti tra le cose finora impensati, e di preservarne la loro percezione�3.

L'incipit della Defence, dunque, basterebbe a ricondurre le riflessioni di Shelley nell'alveo concettuale del Vico il quale, si ricorder�, gi� nel De nostri temp�ris studiorum ratione (1708), aveva denunciato il pensiero analitico come responsabile dell'ottundimento di �eam facultatem... ut in rebus longe dissitis ac diversis similes videant rationes�4. Ma le corrispondenze tra i nostri due autori non si riducono certamente a questo comune denominatore. Andando avanti nella perorazione della sua Defence, Shelley identifica nella poesia l'origine della stessa societ� umana: �Nell'infanzia del mondo ogni autore � necessariamente poeta, perch� la lingua stessa � poesia�. Concetto che, come si sa benissimo, � la chiave di volta del pensiero vichiano, formulato variamente nelle Degnit� 187, 200, 212, 216. Ma se si prende in considerazione la Degnit� 186 che recita:

�Il pi� sublime lavoro della poesia � alle cose insensate dare senso e passione, ed � propriet� de' fanciulli di prendere cose inanimate tra mani e, trastullandovi, favellarvi come se fussero, quelle, persone vive� e la si confronta con il seguente passo della Defence: �Un fanciullo intento al gioco esprimer� la sua gioia nella voce e nei movimenti; ed ogni inflessione della voce ed ogni gesto avr� una relazione precisa con la corrispondente sensazione di piacere che l'ha suscitato�5,

sar� veramente molto difficile attribuire al caso la corrispondenza. Come sar� ancora pi� difficile attribuire al caso un'altra concomitanza. Per Shelley la poesia non � soltanto il principio germinale delle arti belle; per lui �i poeti non sono solo gli autori della lingua e della musica, della danza, dell�architettura, della scultura e della pittura; essi sono gli istitutori delle leggi, i fondatori della societ� civile... i misconosciuti legislatori del mondo�6.

 

 

Accenti vichiani

 

Sappiamo che l'idea del poeta/legislatore ha una lunghissima tradizione, e che perci� lo Shelley pu� averla derivata da Dante (De vulgari eloquentia, Convivio), da Boccaccio (De genealogia deorum gentilium), autori che il poeta inglese conosceva benissimo, o dal Salutati (De Herculis laboribus); quel che � certo, per�, � che la ritroviamo formulata con le stesse parole, o quasi, in parecchi luoghi vichiani, scolpita nel latino del Diritto universale: �postremo poetas fuisse primos rerum publicarum fundatores�; �et sic poetas fuisse primos legislatores� (�De constantia philologiae�, IX, 12 e XV, 7), ed articolata nel secondo libro della Scienza nuova: �come i fondatori dell'umanit� gentilesca con la loro teologia naturale ( o sia metafisica) si immaginarono gli dei, con la loro logica si truovarono le lingue, con la morale si generarono gli eroi, con l'iconomica si fondarono le famiglie, con la politica le citt��7.

La poesia come principio fondante della storia umana, dunque; ma anche condizione di preservazione della stessa, perch� l'immaginazione, affondando le radici nel sensus communis, che � il condiviso sentimento di appartenenza ad una comune condizione, protegge l'uomo dai rischi di alienazione insiti nella barbarie della �ragione dispiegata�. La nuova �scienza dell'immaginazione�8 propugnata da Vico, e strenuamente difesa dallo Shelley nella sua operetta, � indissolubilmente connessa ad un diverso � forte sentire, che il Vico connota religiosamente come �piet�, e Shelley, pi� laicamente, come solidariet�. Interessante, in questo senso, � il monito con cui il poeta inglese invita i tecnocrati e i pianificatori dell'economia a non affidarsi ciecamente alla logica dei numeri e dei calcoli, giacch� le scelte politiche non illuminate dai �principi primi che appartengono all'immaginazione� rischiano �come � successo in Inghilterra, di accentuare il divario tra l'opulenza e l'indigenza,... tra i ricchi che sono diventati pi� ricchi, ed i poveri che sono diventati pi� poveri�9. Ed interessante, al riguardo, ci sembra l'interpretazione che del capolavoro di Vico propone il Perniola, per il quale la Scienza nuova rappresenterebbe una indispensabile, alternativa visione delle cose umane: �In un mondo ridotto ad una dimensione meramente quantitativa, in cui tutto � riportato ad un calcolo di numeri indivisibili, � indispensabile fornire il simulacro, il quadro, la tavola di un altro modo di sentire e di vivere�10.

 

NOTE

 

1.        P.B. Shelley, Opere, Ed. Enaudi-Gallimard, 1995, p. 1229.

 

2.        Idem.p. 1224.

 

3.        Cito dall'edizione della Defence contenuta in: E.D. Jones (Ed. by), English Critical Essays (19� Century), Oxford Univ. Press.1963. pag. 105. Trad. mia.

 

4.        G.B. Vico, Opere, ed. a cura di A. Battistlni, Milano 1990, tomo I. p.116.

 

5.        E.D. Joncs, op. cit-, pag.103. Trad. mia.

 

6.        E.O. Jones, op.cit.

 

7.        G.B. Vico, op. cit. pag. 563.

 

8.        Cfr. D.P. Verene, Vico 's Science of Imagination. Cornell Univ. Press, 1981. Trad. ital.: Vico: La scienza della fantasia, Armando, Roma 1984.

 

9.        E.D. Jones, op. cit., pag. 129.

 

������ 10.��� M. Perniola, Del sentire, Torino 1991 pag. 79.��������������������������������������������������������������������������������������� ������������������������������������������

 

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